Payoff: cos’è e come crearne uno originale ed efficace

Alessio Aversano
7 min readOct 15, 2021

Vero e proprio identikit del brand, il payoff racchiude l’identità del brand e le caratteristiche che rendono unica l’azienda. Ecco come progettarne uno originale ed efficace

Just do it”, “per tutto il resto c’è Mastercard”, “Red Bull ti mette le ali”. È impossibile che non ricordiate nessuna di queste frasi. Chiunque le ha già sentite. Sono frasi che hanno reso uniche e distinte le aziende che le hanno concepite, in alcuni casi sono entrate nella storia.
Nel gergo tecnico questi incisi sono i payoff: una breve frase posizionata sotto al logo che rappresenta l’azienda, ne esplicita l’idendità rendendo disponibile e visibile il brand in qualsiasi contesto e occasione: unico e riconoscibile. Alcuni di questi payoff sono talmente famosi da entrare nel lessico comune e restare per sempre, creando un legame di fiducia con il cliente e un ponte verso il futuro; d’altronde, che mondo sarebbe senza Nutella?

Il ruolo del payoff è quello di riassumere i valori aziendali e consegnare al pubblico una promessa: un legame di fiducia, facilmente riconoscibile; valori e impegni in cui il potenziale cliente può e vuole riconoscersi. Per questo il payoff è fondamentale soprattutto in fase di brand awarness e brand building, quando il marchio ha bisogno di farsi conoscere dal pubblico ed essere ricordato e riconosciuto tra la selva di altri brand che competono, simili o differenti tra loro.
Sintetizzando e utilizzando termini cari al marketing, il payoff racchiude la unique selling proposition (USP): la caratteristica unica che da sola dovrebbe spingere l’utente/cliente a scegliere il brand; la vera motivazione per acquistarlo: sono unico perché so fare questo o quello; il mio servizio ha queste opzioni che altri non hanno; soddisfo bisogni ed esigenze che altri brand non riescono a fare. Posizionarsi in un determinato mercato è un passo importante per un brand, e avere a disposizione un buon payoff è un buon punto di partenza. Guardiamo ad esempio alcuni dei payoff più famosi della storia. Giusto per capire l’importanza e la capacità di essere ricordati, citerò solo il payoff e non l’azienda.

  • Per tutto il resto c’è M*
  • R* B* ti mette le ali
  • I’m lovin’ it
  • T*, non ci sono paragoni
  • Think different
  • Connecting people
  • Just do it
  • Dove c’è B* c’è casa
  • Impossible is nothing
  • Che mondo sarebbe senza N*?
  • Un diamante è per sempre

Nell’ultimo caso la frase non è stata ideata come payoff, ma come vera e propria campagna pubblicitaria, diventando di fatto il payoff aziendale.

Le differenze terminologiche (payoff/claim/tagline/headline)
Bisogna fare attenzione alle differenze terminologiche, onde evitare incomprensioni e scambiare un elemento con un altro. Alle volte si utilizzano termini diversi per riferirsi al payoff: slogan, claim, tagline, baseline. Fermiamoci un attimo e non facciamo confusione; cerchiamo di capire le differenze più nel dettaglio.
Con claim si fa riferimento alla singola campagna: si tratta di uno slogan utilizzato per la campagna e che varia di volta in volta.
Tagline-headline vengono utilizzati come sinonimi: mentre il primo si usa come alternativa a payoff, headline invece fa riferimento al titolo della campagna e del body-copy.
Nella tradizione pubblicitaria italiana vi è poi un’altra definizione, non più in voga: quella di base-line: si tratta di un’enunciazione scritta al fondo o vicino al logo, composta in forma discorsiva e avente in genere una relazione con l’headline. La differenza in questo caso è che può cambiare da campagna a campagna.

Dunque, il claim è dedicato alla campagna, quindi per un determinato periodo di tempo; il payoff invece, è dedicato al brand e, salvo operazioni di rebranding, non cambia mai e dura per sempre (come i diamanti della De Beers). Per rendere più semplice la cosa, ecco un esempio:

Scrivere un payoff
Inutile dirlo, ma la redazione di un buon payoff è forse una delle più grandi sfide per un copywriter. Costruire una frase memorabile sarà forse operazione semplice (ripeto: forse). La redazione di un micro-copy potrà anche non richiedere grandi sforzi per un professionista esperto e rodato, ma realizzare un payoff indimenticabile e che sintetizzi in poche parole tutti i tratti distintivi del brand è davvero l’Impresa.
Il compito di racchiudere in una frase i valori aziendali e al tempo stesso essere attraente, interessante, unica, inimitabile, riconoscibile è un’operazione che non può prescindere da un’attento studio del brand; dei suoi obiettivi, di ciò che fa ed è (o vorrebbe essere), dei suoi competitors e soprattutto del target di riferimento.
Non esiste un percorso “convenzionale” per la scrittura di questi micro-copy (d’altronde, così dovrebbe essere per qualsiasi lavoro creativo), ma alcuni passaggi potrebbero essere utili nell’individuare alcune parole chiave da poter sfruttare in fase di scrittura.

Vediamo quelli che potrebbero essere alcuni passaggi per la creazione di un buon payoff.

Premessa: questo è uno schema che ho elaborato nel corso del tempo, frutto di esperienze personali e di altre fonti esterne. Dunque, non si tratta della ricetta magica ma di uno dei tanti modelli che possono aiutare il copywriter a orientarsi meglio nella redazione di un payoff.

Ecco lo schema in quattro fasi:

#1 FASE DI RICERCA (BRAINSTORMING)
Non c’è fase creativa che non parta con un bel brainstorming. Nelle fasi iniziali è necessario studiare e comprendere bene quali sono i valori aziendali; quelli in cui l’azienda si incardina, quelli che hanno ispirato i fondatori, quelli in cui i lavoratori stessi credono. Un’idea potrebbe essere quella di intervistare o coinvolgere i componenti dell’azienda in un focus group o una sessione di brainstorming. Spesso da questi dibattiti escono concetti e idee che la semplice intervista o elaborazione di pensiero non prende in considerazione.

#2 TRASFORMARE I VALORI IN IDENTITA’
Questa fase potrebbe essere collegata al punto #1, essendo la sua “naturale” continuazione. Una volta identificati i valori, lo step successivo è quello di trasformarli in identità; quello che in gergo chiamiamo brand idendity. Questo è un concetto più esteso rispetto ai soli valori perché identifica- appunto — chi siamo, cosa facciamo, perché siamo qui, a chi vogliamo rivolgerci. Una volta raccolte le parole chiave per i valori e l’identità, si passa alla fase successiva.

#3 MAPPATURA DELLE PAROLE CHIAVE
A questo punto dovremmo aver già salvato su un blocco di appunti le parole chiave (quelle relative ai valori e all’identità). Il lavoro da fare adesso è quello di prendere tutte queste parole e riportarle su un grande foglio o su una lavagna, così da avere un quadro d’insieme (non dimentichiamoci dei buoni e vecchi strumenti analogici, utili per migliorare le nostre capacità cognitive e creative). Grazie a questo sistema possiamo cercare le connessioni tra le diverse parole chiave, trovando punti in comune, analogie, somiglianze, elementi discordanti; una vera e propria mappatura delle parole chiave. Si possono anche accoppiare alcune parole, metterle insieme, tentare di aggiungerne altre (sinonimi) o escluderne alcune.

#4 APPLICAZIONE DI COPYWRITING, MARKETING, IDENDITA’ E UN PO’ DI FANTASIA
La parte finale e più creativa, ma anche la più difficile. In parole povere, l’obiettivo di questa fase è portare a casa il payoff. In questa fase entrano in gioco un mix di elementi che spaziano dalle proprie conoscenze, dalle nozioni di copywriting, marketing e dall’insieme delle parole che abbiamo raccolto finora, nonché tanta fantasia e altrettanta creatività. Qui si stendono le prime bozze utilizzando combinazioni delle parole chiave che abbiamo trovato; il tentativo è quello di costruire frasi d’impatto, che siano memorabili, piacevoli, positive, brevi, uniche, semplici.
Trattandosi della fase più creativa, è necessario (e utile) andare fuori dagli schemi. Ad esempio il marchio Adidas, per il suo payoff ha utilizzato la tecnica del ribaltamento dei cliché. Per la campagna 2004, l’azienda tedesca ha virato per un rebranding. Preso il classico luogo comune “Nothing is impossibile” l’ha semplicemente ribaltato, trasformandolo in “Impossibile is nothing”; un inno al non gettare mai la spugna, al non arrendersi mai. Non a caso la campagna si focalizzava sulla figura di Mohammed Alì.
A questo punto dovreste aver trovate le parole giuste per raccontare i valori e l’identità del brand; non vi resta che testarlo a prova di jingle, per determinarne la sua memorabilità.

Un ultimo suggerimento, cui spesso incappa il più bravo dei professionisti: non pretendiamo che la nostra versione sia la più bella in assoluto. Ricordiamoci che il payoff verrà visto da tutti (anche nel caso in cui abbiamo in mente un preciso target) e quello che può piacere a noi — come professionisti — non è detto piaccia al pubblico. Se si ha la possibilità di farlo (purtroppo, sappiamo che questo non è sempre possibile) mettete alla prova il payoff: mandatelo ad amici, colleghi, tramite sondaggi, etc. Spesso un feedback può migliorare o suggerire altre idee sempre utili.

Questo è il mio “metodo” per la creazione di un payoff originale e di valore. Come scritto sopra, una ricetta convenzionale non esiste; del resto, è giusto che non esista. Ovviamente, sono ben accetti suggerimenti, consigli e critiche!

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